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Renato Brunetta

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Renato Brunetta (Venezia, 26 maggio 1950) è un economista e politico italiano. Ha ricoperto dal 2008 al 16 novembre 2011 la carica di Ministro per la Pubblica Amministrazione e l'Innovazione. Ãˆ capogruppo alla Camera per Il Popolo della Libertà nella XVII legislatura.



Infanzia

Figlio di un venditore ambulante e ultimo di tre fratelli, Renato Brunetta è cresciuto a Venezia.[2] Egli afferma che da ragazzino coltivò di propria iniziativa studi classici con eccellenti risultati, nonostante un gap sociale paresse differenziarlo dai compagni del Liceo Foscarini:
« Sono orgoglioso di essere figlio di gente povera. Figlio della Venezia popolare. [...] E andavo a lavorare con mio padre, venditore ambulante di gondoete, gondole di plastica nera. [...] E lì, sui marciapiedi di Cannaregio, ho imparato tutto. Il lavoro, il sacrificio. Vivevamo in nove in novanta metri quadri, con i miei due fratelli, mia zia vedova e i suoi tre figli. E comunque a casa mia non c'era un libro. Cominciai a studiare il greco di notte, di nascosto. Così ho dato l'esame per passare al Foscarini. Il figlio dell'ambulante, il piccolino, al liceo dei siori. Alla maturità fui il primo della classe.[3] »


Attività accademica

Si laurea in Scienze politiche ed economiche presso l'Università degli Studi di Padova il 2 luglio 1973. Inizia la sua carriera accademica presso lo stesso ateneo ricoprendo vari incarichi: dal 1973 al 1974 è assistente alle esercitazioni nei corsi di Teoria e politica dello sviluppo (Facoltà di Scienze Politiche) e di Economia applicata (Facoltà di Statistica). Nell'anno accademico 1977-78 è professore incaricato dell'insegnamento di Economia e politica del lavoro (Facoltà di Scienze Politiche).
Nel 1982 accede, tramite il giudizio di idoneità previsto dall'art. 49 del DPR 382/80 (una sanatoria per i precari dell'università già dotati dei requisiti necessari.), al ruolo di professore associato, presentando tre pubblicazioni.[4][5]
Dal 1982 al 1990 è professore associato di Fondamenti di Economia presso il Dipartimento di Analisi Economica e Sociale del Territorio (corso di Laurea di Urbanistica) dell'Istituto Universitario di Architettura di Venezia.
Dal 1991 al 1999 è professore associato di Economia del Lavoro (Facoltà di Economia e Commercio) presso Tor Vergata[6], dove ha ricoperto il ruolo di professore ordinario di Economia Politica (in aspettativa) fino al 2009[7].
Brunetta è andato in pensione a fine 2009, dichiarando di ricevere 3.000 euro netti al mese, con 59 anni di età e 37 anni circa di contributi. Di questi, gli ultimi 10 anni sono di contributi figurativi per aspettativa di dipendenti pubblici per l'assolvimento di cariche pubbliche elettive, utili a maturare il diritto alla pensione. Come professore ordinario, Brunetta avrebbe potuto andare in pensione a 70 anni.

Attività politica

​Consulente economico per il Partito socialista negli anni '80
Di formazione socialista, Brunetta collabora in qualità di consigliere economico con i governi Craxi I, Craxi II, Amato I e Ciampi.
A 35 anni è coordinatore della commissione sul lavoro voluta dall'allora ministro Gianni De Michelis; nel 1993, durante Mani Pulite, firma la proposta di rinnovamento del Partito Socialista Italiano di Gino Giugni.[10]
Dal 1983 vive ininterrottamente sotto scorta[11] a causa del contenuto delle consulenze da lui prestate al Ministero del Lavoro,[5] che gli hanno valso l'interessamento da parte delle Brigate Rosse.
Dal 1985 al 1989 ricopre la carica di vicepresidente del Comitato manodopera e affari sociali dell'OCSE (Parigi). Dal 1983 al 1987 è responsabile, presso il Ministero del Lavoro, di tutte le strategie per l'occupazione e la politica dei redditi. Nel 1989 contribuisce alla fondazione dell'associazione EALE (European Association of Labour Economist), diventandone il primo presidente (1989–1993).

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Deputato Europeo per Forza Italia (1999-2008)
Nel 1999 entra a far parte dello schieramento di Forza Italia in qualità di deputato al Parlamento Europeo. È stato iscritto al gruppo europeo PPE-DE, dove ha ricoperto l'incarico di vicepresidente della commissione per l'industria, la ricerca e l'energia, ed è stato membro di varie delegazioni parlamentari: delegazione alla commissione parlamentare mista UE-Croazia; delegazione parlamentare mista UE-Turchia; delegazione per le relazioni con la Repubblica popolare cinese.
Rieletto al Parlamento Europeo nel 2004, ha concluso il mandato nell'aprile 2008. Nella statistiche delle presenze al Parlamento Europeo risulta essere stato presente al 62.88% delle sedute.[13]
Incarichi di partito e attività politica locale [modifica]
Nel 2000 è candidato a sindaco di Venezia per il Polo delle libertà, venendo sconfitto dal candidato del centrosinistra Paolo Costa.[14][15]
Il 21 novembre 2005 è eletto consigliere comunale a Bolzano,[16][17] incarico dal quale si dimette dopo circa un mese.[18]
Dal 2007 fino al novembre del 2008 è vicecoordinatore nazionale di Forza Italia e responsabile del settore programma. Dal 29 marzo 2009 – data del primo congresso nazionale – entra a far parte dei componenti della direzione nazionale del Popolo della Libertà.[19]
Per le elezioni amministrative di marzo 2010 è nuovamente candidato sindaco di Venezia per il Popolo della Libertà, ma viene nuovamente sconfitto al primo turno dal candidato del centrosinistra Giorgio Orsoni, che ottiene il 51,1% delle preferenze, distaccandolo di 8,5 punti percentuali. Brunetta ottiene infatti il 42,6% dei voti ed accusa la Lega Nord di non aver sostenuto a fondo la sua candidatura.

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Ministro per la Pubblica Amministrazione e l'Innovazione (2008-2011)
Nel 2008, viene nominato Ministro per la Pubblica Amministrazione e l'Innovazione nel quarto governo Berlusconi. In tale ruolo sostiene di voler maggior trasparenza nell'amministrazione pubblica e di voler combattere i cosiddetti "fannulloni". In particolare ha dichiarato, a proposito degli obiettivi che intendeva realizzare:
« Voglio più servizi, non meno. Non voglio avere questi servizi con meno budget e meno persone, voglio che, con lo stesso budget e con le stesse persone, si aumenti la produttività del 50 per cento. E cioè più scuole, più università, più salute, più cultura.[22] »

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Il Decreto Brunetta (112/2008)
Il 25 giugno 2008 viene promulgato il decreto legge 112/2008, il così detto decreto anti-fannulloni.[23] A questo fanno seguito una serie di circolari attuative ed esplicative.[24][25]
L'articolo 71 disciplina la normativa delle assenze dei pubblici dipendenti. Prevede la decurtazione dalla retribuzione, per ogni evento di malattia, a prescindere dalla durata, nei primi dieci giorni di assenza, di ogni indennità o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento accessorio. Il terzo evento di malattia nell'anno solare e le assenze superiori a dieci giorni debbono essere giustificati con la presentazione all'amministrazione di un certificato medico rilasciato dalle strutture sanitarie pubbliche o dai medici convenzionati, in quanto parte del Servizio Sanitario Nazionale. Le amministrazioni dovranno inoltrare obbligatoriamente la richiesta di visita fiscale anche nel caso di assenza per un solo giorno.
Il Decreto Brunetta riceve le critiche dell'Avis, che la considera una norma «devastante» e che penalizza la donazione di sangue. La legge 112 infatti toglie il diritto alla retribuzione aggiuntiva, legata alla contrattazione integrativa, ai lavoratori del settore pubblico che donano il sangue: «Il ministro Brunetta ha ormai lanciato l'esempio, ha fatto "cultura" equiparando la donazione di sangue con l'assenteismo».[26] Il decreto è stato successivamente modificato in modo da permettere la donazione di sangue senza decurtazioni dallo stipendio.

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La Legge Brunetta (15/2009)​

Il 4 marzo 2009 viene promulgata la legge 15/2009, la così detta Legge Brunetta.[28] Essa prevede,[29] tramite il ricorso a decreti delegati:



  • una riforma degli ambiti della disciplina del rapporto di lavoro pubblico riservati alla contrattazione collettiva e di quelli riservati alla legge, con la semplificazione del procedimento di contrattazione;
  • la riforma dell'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), che conterrà anche un organismo centrale di valutazione della Pubblica Amministrazione in base ad obiettivi annuali predisposti dalla stessa PA;
  • l'introduzione nella PA di strumenti di valorizzazione del merito e metodi di incentivazione della produttività, secondo le modalità stabilite dalla contrattazione collettiva, con percentuali minime di risorse da destinare al merito e alla produttività;
  • la riforma della dirigenza pubblica, con il taglio degli stipendi accessori per i dirigenti di strutture inefficienti, concorsi per l’accesso ad una percentuale di posti della prima fascia dirigenziale e riduzione degli incarichi conferiti ai dirigenti non appartenenti ai ruoli e ai soggetti estranei alla pubblica amministrazione. Infine si prevede di promuovere la mobilità nazionale e internazionale dei dirigenti;
  • la razionalizzazione dei tempi di conclusione dei procedimenti disciplinari; più rigore nelle visite legali; la definizione della tipologia di infrazioni che comportano il licenziamento; l'identificabilità dei dipendenti pubblici tramite cartellino di riconoscimento;
  • la facoltà della Corte dei Conti di controllare gestioni pubbliche durante il loro svolgimento e dare comunicazione di eventuali gravi irregolarità al Ministro competente, che può disporre la sospensione dei fondi.

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​Il DDL sulla valutazione della Pubblica Amministrazione
Nell'aprile 2009 Brunetta elabora una prima bozza del decreto di attuazione della legge, che qualifica la futura Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche come autorità indipendente, dotato di potere di auto-organizzazione e piena autonomia finanziaria, garantendogli così l'indipendenza e l'autorevolezza necessaria per fare da arbitro tra PA e cittadini ed assicurare la trasparenza: si trattava di una proposta dell'opposizione, fatta propria dal ministro Brunetta, e scritta in collaborazione col politologo e deputato PD Pietro Ichino.
Nel mese di maggio, a seguito delle prime resistenze del Ministro dell'Economia, Brunetta minaccia le dimissioni, chiedendo che il decreto passi immodificato entro due mesi: «Mi dimetto se vi sarà qualche potere forte che mi blocca. Io me ne vado».[30] In seguito, il decreto viene riscritto con profonde modifiche:
l'autorità indipendente è sostituita da una "commissione ministeriale", che opera "in collaborazione con la presidenza del Consiglio dei Ministri e con il ministro dell'Economia" (il che impedisce che essa assuma posizioni in contrasto con il Governo);

la commissione è composta da cinque esperti di elevata professionalità con comprovate competenze specifiche in Italia e all'estero:​

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  • nominati con decreto del Presidente della Repubblica
  • previa deliberazione del presidente del Consiglio dei ministri
  • su proposta del ministro per la Pubblica Amministrazione e l'innovazione
  • di concerto con il ministro per l'attuazione del programma di governo
  • previo parere delle commissioni parlamentari competenti espresso a maggioranza dei due terzi dei componenti,
  • i membri della Commissione rimangono in carica per sei anni come in altre autorità amministrative indipendenti, possono essere confermati una sola volta e sono sottoposti a un rigido statuto di incompatibilità. La Commissione regola i suoi lavori e la sua organizzazione con regolamenti propri, dispone di un contingente di personale fino a trenta unità;
  • l'autonomia dell'agenzia è ridotta in modo sostanziale: scompaiono l'autonomia operativa, organizzativa e finanziaria dell'organo, che dipenderà dal Governo;
  • la commissione è priva di potere sanzionatorio o di interdizione, di fronte a violazioni del principio di trasparenza e a difetto di autonomia dei valutatori di ciascuna amministrazione, che devono elaborare e comunicare ai cittadini gli indici di qualità e quantità del lavoro delle PA;
  • l'azione collettiva da parte dei cittadini (anche tramite un'associazione) contro l'inadempimento e le inefficienze delle pubbliche amministrazioni è introdotta nell'ordinamento italiano ed è sottoponibile alla verifica del giudice amministrativo.[31][32]
  • viene totalmente esentata l'amministrazione della presidenza del Consiglio dei ministri dalla nuova disciplina: essa non sarà vincolata né al principio di trasparenza né a quello della valutazione indipendente.

Di fronte a tali modifiche Pietro Ichino, già coestensore del decreto, ha suggerito di resuscitare il comitato tecnico-consultivo della presidenza del Consiglio, oggi presieduto da Cirino Pomicino, e ha richiesto a Brunetta spiegazioni circa il suo impegno a dimettersi.

​
Controversie
Nel 2008 si scaglia contro i "fannulloni" della Pubblica Amministrazione, minacciandone il licenziamento.
Il 18 giugno 2008, nel corso di una puntata di Matrix, sollecitato da Enrico Mentana a parlare di qualche suo errore, dichiara: «Volevo vincere il Premio Nobel per l'Economia. Ero anche bravo, ero... non dico lì lì per farlo, però ero nella giusta... ha prevalso il mio amore per la politica, ed il Premio Nobel non lo vincerò più».[36] Incalzato sull'argomento dal settimanale L'Espresso,[4][5][37] Brunetta risponde con un articolo a firma di Ricardo Franco Levi pubblicato sul Corriere della Sera una decina di anni prima, che trattava dei "futuri Keynes".
Nell'agosto 2008 il sito del Ministero per la Pubblica Amministrazione pubblica 11 vignette satiriche pubblicate dai giornali, tra cui Il Foglio e Quaderni Padani, con una connotazione positiva del Ministro e negativa dei dipendenti statali, suscitando polemiche per l'utilizzo propagandistico di un sito istituzionale. Brunetta ribatte che il sito «ne ha pubblicate anche di sgradevoli [verso il Ministro] e lo faremo ancora in futuro, quando arriveranno, senza alcun filtro o censura».
Nel febbraio 2009 il settimanale L'Espresso rivela che il libro "Microeconomia del Lavoro", di cui Brunetta è co-autore, è ampiamente basato sul più noto testo americano del 1980 (Labor Economics, prima edizione del 1970, edito da Prentice-Hall, Inc.) di Belton M. Fleisher e Thomas J. Kniesner, non citato nel testo italiano.
Il 2 aprile 2009 è entrato in polemica con la collega Mara Carfagna per aver dichiarato che «Il lavoro pubblico è stato usato per tanto tempo come un ammortizzatore sociale, soprattutto da parte delle donne che uscivano a fare la spesa in orario di lavoro».
Il 27 maggio 2009 una sua dichiarazione sui poliziotti («Bisogna mandare i poliziotti per le strade. Ma non è facile farlo: non si può mandare in strada il poliziotto panzone che non ha fatto altro che il passacarte, perché in strada se lo mangiano») scatena polemiche da parte dei sindacati di polizia.[41]
Nella stessa occasione propone lo scioglimento dell'antimafia: «La mafia dev'essere affrontata in modo laico e non ideologico. Se della mafia facciamo un simbolo ideologico, con la sua cultura, la sua storia e così via, rischiamo di farne un'ideologia e come tale, alla fine, produce professionisti di quella ideologia proprio nei termini in cui ne parlava Sciascia, professionisti dell'antimafia».
L'11 settembre 2009, a Gubbio, nel suo inter­vento alla scuola di formazione del Popolo della Libertà, ha rivolto accuse al mondo del cinema, "riesumando" il termine Culturame. Al ministro ha replicato Citto Maselli, con queste parole: «Non è un caso che Brunetta usi la parola 'culturame' che è stata la bandiera di Mario Scelba negli anni delle peggiori re­pressioni nei confronti del­le culture e della vita de­mocratica del nostro Pa­ese. Il tono, l'arroganza e il semplicismo di Bru­netta parlano da soli».
Il 15 settembre 2009, per rispondere ad un articolo del settimanale L'Espresso critico nei confronti dei risultati della battaglia contro i "fannulloni",[43] Brunetta utilizza la prima pagina del sito istituzionale del Ministero, titolando a caratteri rossi Il bluff de L'Espresso. L'iniziativa, difesa dal suo portavoce Vittorio Pezzuto come una «difesa dell'operato non della persona Renato Brunetta ma del Ministro Brunetta e di tutti gli uffici di Palazzo Vidoni», raccoglie molteplici critiche per utilizzo privato di un sito istituzionale.
Il 19 settembre 2009, al convegno del Pdl veneto a Cortina d'Ampezzo, afferma che «Ci sono élite irresponsabili che stanno preparando un vero e proprio colpo di Stato» e mette in contrapposizione «i compagni della sinistra per bene» e quella che definisce «la sinistra per male» o «di merda» alla quale augura «vada a morire ammazzata».[45][46] Successivamente dichiara di non pentirsi di quanto affermato pubblicamente.[47][48]
Il 28 settembre 2009, durante un dibattito in occasione della presentazione del libro di Stefano Livadiotti «Magistrati - l'ultracasta», Brunetta definisce «mostro» il Consiglio Superiore della Magistratura, in riferimento al fatto che gli equilibri all'interno di esso vengano pesantemente condizionati dalle correnti dell'Associazione Nazionale Magistrati, dichiarando altresì che i magistrati «forse si sono montati un po' la testa», e lamentando gravi carenze organizzative all'interno degli uffici.[49] In risposta al ministro, l'ANM diffonde l'indomani un duro comunicato,[50] nel quale si fa tra l'altro presente che i tagli operati dall'esecutivo di cui fa parte Brunetta, su suggerimento del dicastero di cui egli stesso è titolare, non hanno fatto altro che peggiorare una situazione già precaria in partenza.
L'11 settembre 2010, in una intervista a il Giornale afferma che «Se non avessimo la Calabria, la conurbazione Napoli-Caserta, o meglio se queste zone avessero gli stessi standard del resto del Paese, l'Italia sarebbe il primo Paese in Europa».[51]
Il 14 giugno 2011, al termine di una conferenza sull'innovazione nella pubblica amministrazione, una lavoratrice della Rete Precari, chiede di porre una domanda e viene invitata ad avvicinarsi dallo stesso Brunetta, ma quest'ultimo, una volta che la donna si presenta come appartenente alla rete dei precari della pubblica amministrazione, si rifiuta di ascoltarla allontanandosi velocemente dall'aula, dicendo "questa è la peggiore Italia". A seguito delle polemiche nate da questa affermazione il ministro chiarisce affermando di essersi riferito a chi tende agguati mediatici sfruttando la categoria dei precari, e non alla categoria stessa dei precari

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