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Giuliano Amato

Lezioni dalla crisi 1/12 - Giuliano Amato spiega l'economia e il futuro

Ballarò

 

Giuliano Amato - Il governo dell'Unione europea

 

Intervento di Giuliano Amato

 

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Giuliano Amato (Torino, 13 maggio 1938) è un politico, giurista e docente italiano, presidente del Consiglio dei ministri dal 1992 al 1993 e dal 2000 al 2001.
Giurista costituzionalista, membro dell'Associazione Italiana dei Costituzionalisti, docente universitario. Un tempo esponente del Partito Socialista Italiano, ha aderito poi all'Ulivo e infine al Partito Democratico. Negli anni ottanta il giornalista Eugenio Scalfari trovò per lui il soprannome dottor Sottile, con doppio riferimento al suo acume politico e alla gracilità fisica.

Il 2 giugno 2008 ha pubblicamente annunciato il suo allontanamento definitivo dalla politica italiana. Nel 2009 è nominato presidente dell'Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani. Nel febbraio 2010 viene nominato maggior consulente in Italia per la Deutsche Bank[1]. Nel giugno 2010 diviene presidente onorario della Fondazione "Ildebrando Imberciadori", istituzione impegnata nella ricerca storica e dedicata al noto studioso toscano. Il 21 febbraio 2012 è stato designato presidente della Scuola superiore Sant'Anna di Pisa.

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Biografia

​Carriera accademica
Nato a Torino da una famiglia proveniente dalla Sicilia, che presto si trasferisce in Toscana, dove studia presso il Liceo classico "Niccolò Machiavelli" di Lucca. Si laurea in giurisprudenza al Collegio medico-giuridico della Scuola Normale Superiore di Pisa, dal 1967 confluito nella Scuola Superiore Sant'Anna (in tempi recenti è stato Presidente dell'associazione degli ex-allievi della scuola e il 21 febbraio 2012 è stato designato presidente del consiglio di amministrazione della Scuola stessa).
Nel 1962 consegue un master alla Law School della Columbia University di New York.
È stato professore di Diritto Costituzionale Comparato all'Università di Roma dal 1975 al 1997. Ha insegnato anche all'Università di Modena e Reggio Emilia, di Perugia, di Firenze, alla NYU Law School, all'Istituto Universitario Europeo e, ancora, a Firenze. Attualmente è professore della School of Government presso l'università LUISS di Roma.
Nel 1999 fonda la Rivista «Mercato, Concorrenza, Regole» (edita da il Mulino) della quale è tuttora il direttore.
Aderì inizialmente al Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP), per poi passare al Partito Socialista Italiano (PSI), dove, nel 1979, denunciò le "forme degradanti" assunte dal dibattito interno, a seguito del caso Eni-Petromin che portò alla sospensione dell'allora presidente dell'ENI, Giorgio Mazzanti. A differenza di Franco Bassanini, però, non abbandonò il partito, scalandone le posizioni interne fino a rivestire, alla fine degli anni Ottanta, la carica di vicesegretario generale del PSI.

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Ruolo istituzionale​
Nella "Prima Repubblica"
Fu deputato del PSI dal 1983 al 1994 al fianco di Bettino Craxi, del quale fu prima antagonista e poi consigliere economico e politico fino a diventarne sottosegretario alla Presidenza del consiglio nei due governi Craxi I e Craxi II (1983-1987). In seguito è stato Ministro del Tesoro dal 1987 al 1989 (governi Goria e De Mita). All'indomani delle elezioni del 1992 fu incaricato dal presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro di formare il suo primo governo.
Nel suo primo mandato da presidente del Consiglio si trovò ad affrontare una difficile situazione finanziaria. Per questa ragione, l'11 luglio del 1992 il suo Governo approvò un decreto-legge da 30.000 miliardi di lire in cui tra le altre cose veniva deliberato (retroattivamente al 9 luglio) il prelievo forzoso del 6 per mille dai conti correnti bancari per un "interesse di straordinario rilievo", in relazione a "una situazione di drammatica emergenza della finanza pubblica"[4]. Le eccezioni di incostituzionalità contro quel decreto vennero successivamente respinte dalla Consulta[5]. Dopo aver perso pesantemente la battaglia contro la svalutazione della lira, nell'autunno dello stesso anno varò una manovra finanziaria "lacrime e sangue" da 93.000[6] miliardi di lire (contenente tagli di spesa e incrementi delle imposte), per frenare l'ascesa del deficit pubblico, e la prima riforma delle pensioni. Il governo cadde a seguito della vicenda del decreto Conso. Giuliano Amato annunciò le dimissioni del Governo una volta reso pubblico l'esito del referendum in materia elettorale, fortemente voluto dal leader emergente Mariotto Segni. Con la modifica della legge elettorale per il Senato la volontà popolare venne interpretata come un ripudio del sistema elettorale proporzionale a favore di un'opzione di tipo maggioritaria. Nel suo discorso del 21 aprile 1993 alla Camera così commentò quella svolta epocale: "E perciò un autentico cambio di regime, che fa morire dopo settant'anni quel modello di partito-stato che fu introdotto in Italia dal Fascismo e che la Repubblica aveva finito per ereditare, limitandosi a trasformare un singolare in plurale".
Queste parole vennero accolte con un brusio risentito fra i banchi dei vari gruppi parlamentari e anche Giorgio Napolitano e Giovanni Spadolini, allora presidenti delle due camere, non mancarono di far sentire un loro stizzito dissenso. Successivamente Amato chiarì il suo pensiero spiegando di aver usato la parole "regime" con un significato assolutamente neutro sul terreno politologico.

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Nella "Seconda Repubblica"
Nella fase definita Seconda Repubblica, alla scomparsa dei partiti tradizionali, sopravvive politicamente alla fine del Partito Socialista Italiano ma non aderisce a nessun partito. Per le elezioni politiche del 1994 decide di non candidarsi direttamente, ma guida un gruppo di socialisti e socialdemocratici verso l'aggregazione di centro guidata da Mariotto Segni, il Patto per l'Italia. Diversi candidati socialisti lo seguono senza tuttavia ottenere seggi (tra i candidati di area socialista figurano nei collegi Giulio Tremonti, Sandro Principe, Luigi Covatta, Gianfranco Schietroma, Andrea Cavicchioli, Alberto Tedesco e altri). È presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (cd. Antitrust) dal 1994 al 1997.
Successivamente aderisce alle posizioni del centrosinistra e si avvicina (senza mai parteciparvi) ai DS. Nel 1998 viene richiamato al Governo dal premier Massimo D'Alema come ministro delle Riforme Istituzionali. Nel 1999 diviene ministro del Tesoro e del Bilancio. E nel 2000 torna a Palazzo Chigi come Presidente del Consiglio. Dal 2001 al 2006 è senatore dell'Ulivo.
È ora considerato tra i leader principali dell'intera coalizione di centrosinistra, ha avuto un ruolo importante nell'Ulivo, prima, nell'Unione e quindi nel Partito Democratico. Nel gennaio del 2002 Amato è stato nominato dal Consiglio europeo di Laeken vicepresidente della Convenzione europea, chiamata a disegnare la nuova architettura istituzionale dell'UE. Ha anche presieduto la Commissione internazionale sui Balcani, nata nell'aprile 2004, su iniziativa e col supporto della Fondazione Robert Bosch Stiftung (Germania), della fondazione Re Baldovino (Belgio), della German Marshall Fund of the United States e della Charles Stewart Mott Foundation (US).
Al termine delle elezioni politiche del 2006 riceve un nuovo mandato parlamentare alla Camera, con l'elezione a deputato nella circoscrizione Toscana. Si è parlato di lui come un possibile successore di Carlo Azeglio Ciampi nella carica di Presidente della Repubblica Italiana: il suo nome è stato proposto dalla Casa delle Libertà. L'Unione ha però preferito candidare Giorgio Napolitano, che è stato eletto al Quirinale.
Il 17 maggio 2006 viene nominato Ministro dell'interno nel Governo Prodi II.[7] Dal 23 maggio 2007 è divenuto uno dei 45 membri del Comitato nazionale per il Partito Democratico che riuniva i leader delle componenti del futuro PD; dopo la costituzione del partito, in quanto ex Presidente del consiglio aderente al partito, è componente di diritto del coordinamento nazionale del Partito Democratico.
Dal 30 settembre 2006 presiede il cosiddetto "Gruppo Amato" (formato da politici europei), ufficialmente chiamato "Comitato d'azione per la democrazia europea" (Action Committee for European Democracy, ACED) supportato dalla Commissione europea che ha inviato due suoi rappresentanti alle riunioni. Il gruppo ha avuto il mandato (non ufficiale) di prospettare una riscrittura della Costituzione europea basata sui criteri che erano emersi durante le consultazioni della Presidenza tedesca con le cancellerie europee. Il risultato è stato presentato il 4 giugno 2007: il nuovo testo presenta in 70 articoli e 12.800 parole circa le stesse innovazioni della Costituzione che aveva 448 articoli e 63.000 parole diventando un punto di riferimento per i negoziati che hanno portato al Trattato di riforma.
Nel 2011 presiede il Comitato dei Garanti per le celebrazioni del 150º anniversario dell'unità d'Italia.

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Controversie
Giuliano Amato, secondo Il Giornale, riceverebbe una pensione mensile di 31.411 euro lordi, importo per molti ritenuto imbarazzante, soprattutto vista la sua partecipazione diretta e indiretta alle varie riforme dell'Inps.[8][9] Nella trasmissione Otto e mezzo del 12 settembre 2011 ha commentato queste ricostruzioni, dichiarando di percepire, al netto delle imposte, circa 11.000 euro di pensione, in gran parte derivanti dalla sua attività nell'Autorità Antitrust, da sommare agli oltre 5.000 euro di indennità parlamentare.
Per mobbing avvenuto al Ministero dell'Interno quando lui era ministro, il Ministero è stato condannato in primo grado a pagare € 91.000,00 di danni per aver danneggiato un lavoratore (sentenza 16654 del 16/10/2012).

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Attività televisiva
Dal 18 marzo al 3 giugno 2012 ha curato la trasmissione "Lezioni dalla crisi" su Rai 3, in cui tiene delle lezioni per spiegare le cause della crisi economica.[10] Dal 28 ottobre, sempre su Rai 3, cura la trasmissione "Se una farfalla batte le ali..." in cui spiega come dei piccoli cambiamenti nella società posso avere conseguenze molto grandi: il titolo richiama l'effetto farfalla.

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