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Storia della Repubblica Italiana

​Gli anni costituenti (1946-48)

Dopo la fine della guerra in Italia l'elevatissimo scontento popolare, soprattutto nell'Italia settentrionale, nei confronti della monarchia fece sì che il referendum istituzionale del 2 giugno 1946 sancisse la fine della monarchia e la nascita della Repubblica Italiana; per la prima volta in Italia, anche la donne ebbero il diritto al voto. In contemporanea vennero eletti i delegati all'Assemblea Costituente, che avrebbero discusso e approvato la nuova costituzione, entrata in vigore il 1º gennaio 1948. Il 10 febbraio 1947 il governo De Gasperi firmò per l'Italia il nuovo trattato di pace con le potenze vincitrici della seconda guerra mondiale riconoscendo l'indipendenza delle colonie e dell'Albania e cedendo territori a Grecia, Albania, Jugoslavia e Francia.

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La prima repubblica (1948-94)
Con l'entrata in vigore della nuova Costituzione (1948), Enrico De Nicola, fino a quel momento capo provvisorio dello stato (a partire dal 1º luglio 1946), divenne per alcuni mesi il primo presidente della Repubblica Italiana, sostituito in seguito dall'economista Luigi Einaudi.



Presidente del Consiglio fu invece nei primi anni Alcide De Gasperi, per volere del quale l'Italia entrò a far parte della sfera di influenza atlantica, filoamericana e anticomunista, contrapposta al blocco sovietico. Questa collocazione accenderà una competizione politica tra i due maggiori partiti, la DC e il PCI. Quest'ultimo tuttavia rimarrà sempre all'opposizione per via dei legami ideologici e finanziari col regime totalitario dell'Unione Sovietica,[64] legami che avrebbero provocato, nel caso di una sua entrata al governo, una rottura dell'alleanza internazionale con gli Stati Uniti e degli accordi di Yalta. Un tale assetto politico privò l'Italia di una logica dell'alternanza fino alla caduta del muro di Berlino, generando un'anomalia rispetto alle altre democrazie occidentali dove i partiti comunisti godevano di una forza e un consenso assai minori che in Italia.


Anche grazie agli aiuti economici provenienti dagli USA tramite il Piano Marshall, l'Italia iniziò la ricostruzione materiale di case e industrie danneggiate durante il conflitto cominciando a riprendersi economicamente, dando vita a un fenomeno definito il "miracolo economico": il Prodotto interno lordo crebbe del 6.3%, un record nella storia del paese, mentre il reddito pro-capite passò da 350.000 a 571.000 lire; tra il 1958 e il 1959 gli investimenti lordi crebbero del 10% e tra il 1961 e il 1962 l'incremento fu del 13%. Questi numeri ridussero sensibilmente il divario storico con Paesi europei sviluppati come Inghilterra, Germania e Francia. L'Italia primeggiava soprattutto in due grandi settori ad alta tecnologia, quali la microelettronica e la chimica grazie a gruppi industriali come la Olivetti e la Montecatini, ma anche nella farmaceutica, nel nucleare, nell'aeronautica, nelle telecomunicazioni,[67] settori che in seguito scompariranno o finiranno in mano allo straniero.


Entrata dell'Italia nelle organizzazioni internazionali
Membro NATO dal: 4 aprile 1949
Membro ONU dal: 14 dicembre 1955
Membro UE dal: 1º gennaio 1958


La crescita del reddito pro capite produsse l'aumento dei consumi individuali che registrarono una crescita media di cinque punti percentuali l'anno. La domanda di beni durevoli (automobili, elettrodomestici, ecc.) raggiunse una crescita annua pari al 10.4%. L'industria registrò una crescita pari all'84% tra il 1953 e il 1961. L'elevata disponibilità di manodopera era dovuta ad un forte flusso di migrazione dalle campagne alle città e dal sud verso il nord. Questo notevole sviluppo fu possibile anche grazie all'intervento dello Stato nell'economia che intervenne con politiche economiche di stampo keynesiano soprattutto attraverso l'aumento della spesa pubblica e la creazione di società a partecipazione statale. Infine, contribuì alla crescita dell'Italia un fattore esterno, cioè, la creazione del Mercato Europeo Comune (MEC), preceduta dalla creazione, nel 1951, della Comunità europea del carbone e dell'acciaio e la creazione della CEE nel 1957, a cui l'Italia aderì immediatamente. Con la creazione del MEC vi fu l'apertura delle frontiere europee ai commerci, col conseguente aumento delle esportazioni e degli scambi commerciali europei.



















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Nel 1961 avvennero le celebrazioni del Centenario dell'Unità d'Italia: il presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy disse: «Tutti noi, nel senso più vasto, dobbiamo qualcosa all'esperienza italiana. È un fatto storico straordinario: ciò che siamo e in cui crediamo ha avuto origine in questa striscia di terra che si protende nel Mediterraneo. Tutto quello per la cui salvaguardia combattiamo oggi ha avuto origine in Italia, e prima ancora in Grecia. [...] Il Risorgimento, da cui è nata l'Italia moderna, come la Rivoluzione americana che ha dato le origini al nostro Paese, è stato il risveglio degli ideali più radicati della civiltà occidentale: il desiderio di libertà e di difesa dei diritti individuali. Lo Stato esiste per proteggere questi diritti, che non ci vengono grazie alla generosità dello Stato. Questo concetto, le cui origini risalgono alla Grecia e all'Italia, è stato, secondo me, uno dei fattori più importanti nello sviluppo del nostro Paese. [...] Per quanto l'Italia moderna abbia solo un secolo di vita, la cultura e la storia della penisola italiana vanno indietro di oltre duemila anni. La civiltà occidentale come la conosciamo oggi, le cui tradizioni e valori spirituali hanno dato grande significato alla vita occidentale in Europa dell'Ovest e nella comunità Atlantica, è nata sulle rive del Tevere».


Dal 1963 la DC, guidata da Fanfani, non fu più in grado di governare da sola ed aprì all'entrata dei socialisti al governo, formando un centrosinistra retto da un pentapartito. Il 1968 vide l'Italia trasformarsi radicalmente sul piano sociale, sia per le migliorate condizioni di vita dovute al boom economico degli anni precedenti, sia per le contestazioni di nuovi movimenti, soprattutto giovanili e operai, che portarono profonde modifiche al costume, alla mentalità generale, alla scuola, ma che a differenza delle altre liberaldemocrazie occidentali furono egemonizzati dall'ideologia comunista.[69][70] Negli anni settanta alcuni dei numerosi movimenti politici, sorti negli anni precedenti, si estremizzarono e degenerarono nel terrorismo rosso (le Brigate Rosse), accompagnato da quello nero (i gruppi neofascisti come i NAR) caratterizzando quelli che furono chiamati gli anni di piombo. L'indebolimento progressivo della coalizione di governo portò al progetto di un compromesso storico tra DC e PCI, che tuttavia fallì proprio per il rapimento e l'uccisione, ad opera delle brigate rosse, del nuovo segretario della DC Aldo Moro.


La tensione sociale, culminata nella Strage di Bologna, si dissolse con gli anni ottanta, detti del «riflusso»,[71] durante i quali ci fu un lento declino del potere dei sindacati e della partecipazione politica, ma un aumento del senso di ottimismo e di benessere sociale, con un significativo miglioramento del PIL. L'ascesa politica di Craxi fece naufragare il compromesso storico e portò a una crescita del PSI, a spese del PCI, una crescita che nei suoi progetti avrebbe dovuto consentire la nascita di un'alternativa di sinistra alla DC, al fine di adeguare l'Italia agli altri paesi occidentali riassorbendone l'anomalia.[73] La caduta del Muro di Berlino nel 1989 ebbe però ripercussioni anche in Italia, assumendo il significato di un crollo ideale dell'alternativa al capitalismo, e accelerando gli eventi politici. L'anno successivo il PCI deliberò il proprio scioglimento, costituendo un nuovo partito denominato Partito Democratico della Sinistra che abbandonò la tradizione comunista. Iniziò così il disfacimento della Prima Repubblica, che logorata da scandali finanziari e da nuovi scenari mondiali, sarebbe terminata di lì a qualche anno.


L'inizio della fine si ebbe con il 1992 quando le indagini di Mani pulite sul fenomeno dilagante delle tangenti (lo scandalo venne chiamato Tangentopoli), portarono al coinvolgimento di numerosi esponenti nazionali e locali di tutto il pentapartito ed a un conseguente rapido declino delle tradizionali forze politiche. Contemporaneamente al disfacimento del vecchio sistema politico si riacutizzò il problema mafioso che in Sicilia prima e nel resto d'Italia dopo nel corso del biennio 1992-94 fece sentire tutta la sua forza arrivando a sfidare attraverso una serie di attentati la forza dello stato. Ciò avvenne attraverso vari attentati prima nel 1992 contro i giudici simbolo della lotta alla mafia, ovvero Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che morirono in due tragici attentati. Falcone e Borsellino erano stati capaci con le loro inchieste nel corso degli anni ottanta e dei primi anni novanta di svelare e in parte scardinare il rigido sistema mafioso. La lotta mafiosa contro lo stato poi fu portata a un livello più alto nel corso del 1993 con una serie di attentati a luoghi simbolo dell'Italia. Alla tragica situazione politica e alla lotta alla mafia ci si aggiunse anche la grave crisi economica che colpì lo stato italiano tra il 1992 e il 1994 con l'uscita della lira dallo SME che insieme ad altre situazioni portò alla luce la grande fragilità del sistema economico italiano. Così il vecchio stato che fino ad allora aveva retto, ora sotto l'urto del terremoto politico, mafioso ed economico crollò con le elezioni del 27-28 marzo 1994 che decretarono la fine di quella che verrà chiamata informalmente Prima Repubblica, con la scomparsa del partito, che fin dal 1948 mantenne la maggioranza relativa, Democrazia Cristiana e del Partito Socialista Italiano, suo principale alleato dal tempo della nascita del centro sinistra e la sostanziale dissoluzione del cosiddetto Arco costituzionale.

Alcide De Gasperi

La strage di Bologna

L'Italia Repubblicana (1948 al 1994)

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