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Storia della Repubblica Italiana

​Nascita del fascismo e marcia su Roma 
Dopo la prima guerra mondiale la situazione interna italiana era precaria: le casse statali erano quasi vuote anche perché la lira durante il conflitto aveva perso buona parte del suo valore, a fronte di un costo della vita aumentato di almeno il 450%. Scarseggiavano le materie prime e le industrie faticavano a convertire la produzione bellica in produzione di pace e ad assorbire l'abbondanza di manodopera accresciuta dai soldati di ritorno dal fronte. Inoltre, il paese, con la sua economia basata sull'agricoltura, perse una grossa fetta della sua forza-lavoro causando la rovina di moltissime famiglie. Per questi motivi nessun ceto sociale era soddisfatto, e soprattutto tra i benestanti s'insinuò il timore di una possibile rivoluzione comunista, sull'esempio russo. L'estrema fragilità socio-economica portò spesso a disordini, che il più delle volte venivano stroncati con metodi sbrigativi e sanguinari dalle forze armate.


Inoltre il Trattato di Versailles (1919) non aveva portato a nessun vantaggio importante all'Italia: infatti il patto (memorandum) di Londra, che prevedeva l'annessione all'Italia della Dalmazia, non venne rispettato. In base al principio di autodeterminazione dei popoli, propugnato dal presidente americano Woodrow Wilson, la Dalmazia venne annessa al neocostituito Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, con l'eccezione di Zara (a maggioranza italiana) e dell'isola di Lagosta, che con altre tre isole vennero annesse all'Italia.


Tra gli strati sociali più scontenti e più soggetti alle suggestioni ed alla propaganda nazionalista che, a seguito del Trattato di Pace, si infiammò ed alimentò il mito della vittoria mutilata, emersero le organizzazioni di reduci ed in particolare quelle che raccoglievano gli ex-arditi (truppe scelte d'assalto), presso le quali, al malcontento generalizzato, si aggiungeva il risentimento causato dal non aver ottenuto un adeguato riconoscimento per i sacrifici, il coraggio e lo sprezzo del pericolo dimostrati in anni di duri combattimenti al fronte.


Tale era il contesto nel quale il 23 marzo 1919 Benito Mussolini fondò a Milano il primo fascio di combattimento, un nuovo movimento che espresse la volontà di «trasformare, se sarà inevitabile anche con metodi rivoluzionari, la vita italiana», autodefinendosi partito dell'ordine e riuscendo così a guadagnarsi la fiducia dei ceti più ricchi e conservatori, contrari a ogni agitazione e alle rivendicazioni sindacali che caratterizzarono il cosiddetto biennio rosso. Il momento pareva propizio per Mussolini, ed un forte contingente di 50.000 squadristi venne radunato nell'alto Lazio e mosse contro la Capitale, il 26 ottobre 1922. Mentre l'Esercito si preparava a fronteggiare il colpo di mano fascista (con Badoglio principale sostenitore della linea dura) il re Vittorio Emanuele III si rifiutò di firmare il decreto di stato d'emergenza, costringendo alle dimissioni il presidente del consiglio Luigi Facta ed il suo governo. Le camicie nere marciarono sulla Capitale il 28 ottobre, senza incontrare alcuna resistenza. Il 30 ottobre, dopo la marcia su Roma, il re incaricò Mussolini di formare il nuovo governo.

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Il fascismo diventa dittatura
Una volta eletto Presidente del Consiglio, Mussolini decise di rafforzare il proprio potere. In vista delle elezioni del 6 aprile 1924 Mussolini fece approvare una nuova legge elettorale (c.d. Legge Acerbo) che avrebbe dato i due terzi dei seggi alla lista che avesse raccolto il 25% dei voti. Il listone guidato da Mussolini ottenne il 64,9% dei voti. Il 30 maggio 1924 il deputato socialista Giacomo Matteotti prese la parola alla Camera contestando i risultati delle elezioni. Il 10 giugno 1924 Matteotti venne rapito e ucciso. Il 3 gennaio 1925 alla Camera Mussolini recitò il famoso discorso in cui si assunse ogni responsabilità per i fatti avvenuti:
« Dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il fascismo è stato un'associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere! Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l'ho creato con una propaganda che va dall'intervento ad oggi. »


Con questo discorso Mussolini si era dichiarato dittatore. Nel biennio 1925-1926 vennero emanati una serie di provvedimenti liberticidi: furono sciolti tutti i partiti e le associazioni sindacali non fasciste, venne soppressa ogni libertà di stampa, di riunione o di parola, venne ripristinata la pena di morte e venne creato un Tribunale speciale con amplissimi poteri, in grado di mandare al confino con un semplice provvedimento amministrativo le persone sgradite al regime.

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Politica interna
Il fascismo in politica interna tentò di contrastare la svalutazione della lira con misure quali la messa in commercio di pane con meno farina, l'aggiunta di alcool alla benzina, l'aumento delle ore di lavoro da 8 a 9 senza variazioni di salario, l'istituzione della tassa sul celibato, la riduzione dei prezzi dei giornali, dei biglietti e dei francobolli ecc. L'11 febbraio 1929 furono firmati i Patti lateranensi, che stabilirono il mutuo riconoscimento tra il Regno d'Italia e lo Stato della Città del Vaticano. Con la ratifica del concordato la religione cattolica divenne la religione di stato in Italia, fu istituito l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole e fu riconosciuta la sovranità e l'indipendenza della Santa Sede. Il fascismo tentò inoltre di rendere "pura" la lingua italiana italianizzando i prestiti linguistici[58] e i toponimi stranieri in Valle d'Aosta e in Trentino-Alto Adige. Inoltre viene imposto l'uso del voi al posto del lei, considerato straniero.
L'11 ottobre 1935 l'Italia venne sanzionata per l'invasione dell'Etiopia. Le sanzioni in vigore dal 18 novembre consistono essenzialmente nell'embargo. In realtà fu soltanto la Gran Bretagna a osservare le regole imposte dalle sanzioni. In seguito all'embargo, la propaganda politica spinse affinché si consumassero solo prodotti italiani. Fu in pratica la nascita dell'autarchia, secondo la quale tutto doveva essere prodotto e consumato all'interno dello stato. Per esempio venne sostituito: la lana con il lanital (la lana di caseina), la benzina con il carburante nazionale (benzina con l'85% di alcool) mentre il caffè venne sostituito con il "caffè" d'orzo. Le sanzioni all'Italia avvicinarono Mussolini a Adolf Hitler, il dittatore nazista tedesco. Ben presto i due dittatori strinsero un'alleanza, che venne consolidata dalla promulgazione, nel 1938, da parte di Mussolini delle leggi razziali che privarono di molti diritti civili e politici gli Ebrei (e tutte le altre "razze inferiori"): molti persero il lavoro solo perché Ebrei.


​La politica estera e l'Impero
A seguito della completa conquista della Libia, avvenuta alla fine degli anni venti, Mussolini manifestò l'intenzione di dare un Impero all'Italia e l'unico territorio rimasto libero da ingerenze straniere era l'Abissinia, nonostante fosse membro della Società delle Nazioni. Il progetto d'invasione iniziò all'indomani della conclusione degli accordi sul trattato di amicizia e si concluse con l'ingresso dell'esercito italiano ad Addis Abeba il 5 maggio 1936.


Quattro giorni dopo venne proclamata la nascita dell'Impero italiano e l'incoronazione di Vittorio Emanuele III come Imperatore d'Etiopia (con il titolo di Qesar, anziché quello di Negus Neghesti). Con la conquista di gran parte dell'Etiopia si procedette ad una ristrutturazione delle colonie del Corno d'Africa. Somalia, Eritrea ed Abissinia vennero riunite nel vicereame dell'Africa Orientale Italiana (AOI). Il progetto coloniale terminò con l'occupazione britannica dei territori soggetti al dominio italiano nel 1941. Dal 1938 in Europa si iniziò a respirare aria di guerra: Hitler aveva già annesso l'Austria e i Sudeti e con la successiva Conferenza di Monaco gli venne dato il lasciapassare per l'annessione di tutta la Cecoslovacchia mentre Mussolini, dopo l'Etiopia, stava cercando nuovi obiettivi per non perdere il passo dell'alleato tedesco. La vittima designata venne trovata nell'Albania. In due soli giorni (7-8 aprile 1939), con l'ausilio di 22.000 uomini e 140 carri armati, Tirana fu conquistata. Vittorio Emanuele III divenne anche re d'Albania. Il 22 maggio 1939 venne firmato il Patto d'acciaio tra Germania e Italia.























 

​L'Italia nella seconda guerra mondiale​

Alleata con la Germania (1940-1943)​


Il 10 giugno 1940 l'Italia entrò nella seconda guerra mondiale come alleata della Germania contro Francia e Regno Unito. Nel 1941 fu dichiarata guerra all'Unione Sovietica e con l'Impero giapponese agli Stati Uniti d'America. Mussolini, confortato dagli schiaccianti successi della Germania di Adolf Hitler, credeva in una guerra lampo risolta in breve tempo a favore dell'alleato tedesco, assieme al quale avrebbe potuto sedere al tavolo dei vincitori. In realtà le difficoltà oggettive delle truppe italiane e le ingenti forze a disposizione dell'alleanza nemica, portarono non poche sconfitte all'esercito regio. I primi scontri ebbero luogo il 21 giugno sulle Alpi, contro la Francia, ormai annientata dai tedeschi con la tattica del blitzkrieg, che portò allo stato fascista italiano la sola conquista di una piccola striscia nel sud del Paese, riportando i confini a prima del 1850, con l'esclusione di Nizza. Nello stesso momento lo stato maggiore fascista concentrò le sue mire espansionistiche in Grecia. Pensando di non trovare alcuna resistenza le truppe italiane avanzarono in territorio greco, ma tra novembre e dicembre i Greci, aiutati anche dagli inglesi, passarono all'azione e costrinsero gli italiani a ritirarsi in Albania. L'insuccesso in Grecia causò la fine della Guerra parallela, così chiamata da Mussolini.


Contemporaneamente si registrarono i primi insuccessi anche nelle colonie del corno d'Africa, culminati il 20 maggio con la resa del Duca d'Aosta dopo la Seconda battaglia dell'Amba Alagi. In questa occasione al Regio Esercito fu reso l'onore delle armi da parte dei britannici. L'11 aprile i tedeschi si impossessarono dell'area balcanica, concedendo allo stato fascista di mettere nominalmente a capo dello stato croato un rappresentante di casa Savoia. L'influenza italiana si limitò solamente alle zone costiere e, in base ad accordi con il capo del governo croato Ante Pavelic, l'Italia avrebbe avuto per 25 anni il dominio del litorale della Croazia.[59] Nel 1942 le operazioni italiane si concentrarono in Unione Sovietica e Africa. In entrambi i fronti, grazie alle truppe tedesche si ebbero frequenti successi: in Russia si conquistarono vasti territori e si arrivò a controllare durante l'estate anche Stalingrado, mentre nel nord Africa Rommel si spinse in Egitto, conquistando varie città, ma a causa degli attacchi dell'aviazione anglo-americana e dei rinforzi sempre meno frequenti si arrivò ad una sconfitta nella Seconda battaglia di El Alamein, che segnò la fine delle speranze dell'Asse di conquistare l'Egitto ed i campi petroliferi del Medio Oriente.


La situazione peggiorò poi anche in Russia con l'avvicinarsi dell'inverno, infatti Mussolini non si era curato di rafforzare l'equipaggiamento delle truppe italiane appartenenti all'ARMIR,[60] ex CSIR. Già nell'estate vi erano state pesanti decimazioni nell'esercito italiano e nel dicembre 1942 cominciano le prime pesanti sconfitte, seguite dalla ritirata. A maggio venne presa Tunisi, ultimo baluardo dell'esercito regio italiano e poche settimane più tardi anche le isole di Lampedusa e Pantelleria, dando inizio all'Operazione Husky.


​La caduta del fascismo, la Repubblica di Salò e la resistenza (1943-1945)
Le sconfitte sia sul fronte africano che su quello russo causarono in Italia vari scioperi e un calo di consensi nei confronti del fascismo e di Mussolini. Il 24 luglio 1943 si riunì il Gran Consiglio del Fascismo e il mattino seguente il duce venne sfiduciato e arrestato. Vittorio Emanuele III decise quindi di sostituirlo a capo del governo con Pietro Badoglio, che annunciò il proseguimento della guerra a fianco dei tedeschi, ma contemporaneamente stava trattando l'armistizio con gli Alleati, che venne firmato il 3 settembre e reso pubblico l'8. Il giorno successivo avvenne la fuga del re Vittorio Emanuele III e di Badoglio, che lasciarono Roma per recarsi in Puglia, sotto la protezione di inglesi e americani. L'annuncio dell'armistizio provocò la reazione tedesca, le cui truppe occuparono gran parte dell'Italia, catturando molti soldati italiani e, il 12 settembre, liberando Mussolini, che venne incaricato di formare un nuovo regno nel nord Italia. Il Paese si trovò così diviso in due: il Regno del Sud a fianco degli alleati contro la Germania e la Repubblica Sociale Italiana (RSI), formata dai reduci fascisti. Di fatto, erano entrambi due stati-fantoccio, rispettivamente degli anglo-americani e dei tedeschi. In questo quadro drammatico, nacquero però le prime formazioni di partigiani, che soprattutto nel centro-nord diedero vita al primo nucleo dell'Italia libera. Il 22 gennaio 1944 gli anglo-americani, condotti dal maggior generale John P. Lucas, sbarcarono nell'Italia centrale, nella zona compresa tra Anzio e Nettuno, con lo scopo di aggirare le forze tedesche attestate sulla Linea Gustav e di liberare Roma. La lunga battaglia che ne derivò è comunemente conosciuta come "battaglia di Anzio". Il 24 marzo i nazisti compirono l'eccidio delle Fosse Ardeatine, massacro eseguito a Roma ai danni di 335 civili italiani, come atto di rappresaglia per un attacco eseguito da partigiani contro le truppe germaniche ed avvenuto il giorno prima in via Rasella. Per la sua efferatezza, l'alto numero di vittime, e per le tragiche circostanze che portarono al suo compimento, è diventato l'evento simbolo della rappresaglia nazista durante il periodo dell'occupazione. Le Fosse Ardeatine, antiche cave di pozzolana site nei pressi della via Ardeatina, sono diventate un monumento a ricordo dei fatti e sono oggi visitabili.


Nel maggio 1944 si accrebbe la sottomissione della RSI nei confronti della Germania nazista, con l'annessione del Trentino-Alto Adige, della provincia di Belluno e di Tarvisio al Terzo Reich. Il 5 giugno 1944, il giorno dopo la liberazione di Roma, Vittorio Emanuele III nominò il figlio Luogotenente Generale del Regno in base agli accordi tra le varie forze politiche che costituivano il Comitato di Liberazione Nazionale, che prevedevano di «congelare» la questione istituzionale fino al termine del conflitto. Umberto, dunque, esercitava di fatto le prerogative del sovrano senza tuttavia possedere la dignità di re, che rimase a Vittorio Emanuele III, rimasto in disparte a Salerno. Grazie agli approvvigionamenti ottenuti nell'inverno tra il 1944 ed il 1945 in primavera gli alleati poterono lanciare l'offensiva contro l'esercito tedesco sfondando in più punti la linea gotica portando gli alleati alla liberazione il 21 aprile 1945 di Bologna. L'arrivo degli alleati a Milano fu anticipato dalla insurrezione partigiana proclamata dal CLN il 25 aprile, questa data sarà poi scelta come festività nazionale per ricordare la liberazione. Il 28 aprile, Mussolini venne fucilato e il suo cadavere esposto alla folla a Milano in piazzale Loreto il giorno successivo. Le truppe nazi-fasciste capitolarono il 29 aprile 1945, ed il 2 maggio il comando tedesco firmò a Caserta la resa delle sue truppe in Italia e per procura anche la resa formale dei reparti della RSI.

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Epilogo del conflitto e costo della guerra
Nell'aprile del 1945 le forze nazi-fasciste vennero sconfitte anche con il contributo dei partigiani, formati da ex-militari sbandati dopo l'armistizio ma anche da donne, ragazzi ed anziani, e col supporto delle popolazioni, che costò spesso gravi massacri per rappresaglia da parte delle forze occupanti. Inoltre, vi furono gravi episodi di regolamenti di conti e di guerra civile che costarono agli sconfitti migliaia di morti. La fine della guerra vide l'Italia in condizioni critiche: i vari combattimenti e bombardamenti aerei avevano ridotto molte città e paesi in macerie, le principali vie di comunicazione erano interrotte, il territorio era occupato dalle truppe angloamericane, ad eccezione dell'area triestina che venne velocemente occupata dai partigiani titini per un periodo di sei mesi, ritirandosi solo a seguito di un ultimatum alleato. Durante questo periodo i partigiani jugoslavi massacrarono gli italiani presenti nell'Istria in Dalmazia e in Venezia Giulia, per nascondere il crimine, gettarono gli innumerevoli cadaveri nelle foibe carsiche o in mare.
Il numero di italiani morti a causa della guerra fu molto elevato: sono stimati tra 415000 (di cui 330000 militari e 85000 civili)[61] e 443000 morti[62], stimando che la popolazione italiana all'inizio del conflitto fosse di 43.800.000 persone si arriva a conteggiare circa una vittima ogni 100 italiani. Dalla fine della guerra fino agli anni cinquanta avvenne anche l'esodo istriano durante il quale circa gran parte della popolazione di lingua italiana (in quantità stimata tra un minimo 200.000 e un massimo 350.000 persone,[63]) abbandonò i territori istriani e dalmati, occupati dalla Jugoslavia, rifugiandosi come profughi in Italia.

Primi passi del Fascismo

Mussolini: dichiarazione di Guerra

Ventennio Fascista (1919 al 1946)

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Fascismo e Seconda Guerra Mondiale

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